curiosità stroriche padovane  1°

EUGANEI
gli antichi Veneti

La civiltà paleoveneta, secondo Omero, Livio e Virgilio ed accreditata da studi moderni, si sarebbe prodotta dalla fusione di abitanti indigeni della preistorica cultura Villanoviana Padana con gruppi di Eneti (o Enetoi o Heneti o Evetoy secondo Omero) provenienti dalla Paflagonia (Asia Minore - Turchia) tra i secoli XV e XII a.C.

I centri più importanti furono Padova e, soprattutto, Este il centro dominante da cui dipendevano numerosi villaggi sparsi lungo le innumerevoli vie d'acqua. Attività principale per la quale erano famosi fu l'allevamento dei cavalli, oltre all'agricoltura e a forme artigianali di sussistenza.

Migrazioni di tribù di Celti, Reti, Galli Cenomani, Galli Carni, Histri, che ambivano ad insediarsi nelle fertili terre padane, furono una costante per tutto il millennio avanti Cristo e finirono per intrecciarsi con gli antichi indigeni e gli 'immigrati' orientali.

All'incirca tra i secoli VI-III a.C. s'intensificarono i contatti con la vicina civiltà Etrusca, molto evoluta, dalla quale i Veneti trassero i caratteri alfabetici.

Quindi l'influenza militare e culturale romana, dal I secolo a.C., che finì per integrarsi con l'originalità Veneta e farne la regione più ricca ed abitata dell'impero.

Nell’età del Bronzo qui troviamo il popolo degli Euganei che, secondo le antiche fonti, sarebbero stati scacciati verso occidente attorno al X°-XI° sec. a.C. dall’arrivo dei Paleoveneti. (R. Guerra – Antiche popolazioni dell’Italia preromana – Ed. Aries 1999) Tito Livio inizia il primo libro delle Storie proprio con il ricordo delle vicende che riguardano la sua terra. Egli racconta che Antenore, dopo la caduta di Troia, guidò nella più interna insenatura del mare Adriatico un gruppo di Troiani e il popolo degli Eneti, privi del loro re Pilemene e cacciati dalla Paflagonia, regione montuosa della Turchia sul Mar Nero.

Una volta sbarcati i Paleoveneti respinsero sui monti la popolazione degli Euganei e si insediarono in pianura con la loro cultura e la loro antichissima dea Reitia, signora dei boschi e delle fiere selvagge, delle acque e della fertilità; una grande potente dea protettrice delle nascite e di tutto il mondo naturale inteso nella sua essenza più profonda, potente e primordiale. Forse identificabile con la sensuale Inanna, dea di Babilonia e con Gea o Gaia degli antichi greci, ovvero la Terra.

Fra le numerose fonti letterarie riguardanti gli antichi Veneti (molte sono quelle che troppo concedono al mito) ricordiamo Omero quando cita gli Enotoi, in seguito tradotti in Veneti dai Latini.

Per comprendere la portata di questa migrazione vale qui aggiungere che le popolazioni con il nome di Veneti furono molte in Europa: Cesare ricorda i Veneti della Gallia; Pomponio Mela chiama uno dei rami del lago di Costanza Venetus Lacus; Tacito, Plinio e Tolomeo denominano Veneti alcuni popoli dell’Europa centrale.

Fin dall’antichità popolazioni diverse solcarono il mar Mediterraneo nell’esercizio dei loro commerci. Per chi proveniva da sud e da oriente l’Adriatico doveva apparire come una grande via d’acqua aperta verso il nord dell’Europa, una via più agevole che non i percorsi balcanici. In fondo a quel largo canale: un porto naturale, la laguna e, dietro, la pianura delimitata dalle Alpi che verso est divengono meno ostili, lasciando qualche agevole varco verso l’Europa centrale. Per queste ragioni l’area di Venezia, almeno dal XIV° secolo a.C., si trova interessata ai traffici di merci dall’Oriente all’Europa e viceversa.

A nord del Po i Paleoveneti, forse in associazione con gruppi di mercanti greci, costruirono Padova, Altino, che diventerà un grande emporio, e Adria, poi misteriosamente sepolta con le sue palafitte nel V° sec. a.C. Da questi centri passavano traffici significativi sia verso la Dalmazia, la Grecia ed il Medioriente, sia verso l’Europa transalpina.

E’ noto che una vasta intesa culturale ed economica, preesistente al periodo romano, caratterizzò un’area ampia dell’Europa continentale, conosciuta come la “Civiltà di Hallstatt”. Non è questo l’unico caso in Italia di commercio a lungo raggio, si veda ad esempio l’attività portuale di Ancona, in periodo un po’ più recente (X° sec. a.C.), da dove i Piceni gestivano il commercio di ambra fra il mar Baltico ed il mare Egeo.

A sud del Po gli Etruschi fondarono città portuali come Rimini, Ravenna, forse costruita su palafitte (Vitruvio cita Ravenna quando classifica i differenti tipi di legname: “..nei luoghi paludosi [l’ontano] posto in dense palafitte sotto i fondamenti degli edifici…in eterno rimane intatto e sostiene, conservandole integre, strutture di peso immane. Perciò, se fuor di terra non può durare tanto, l’ontano, posto sott’acqua diventa eterno. Questo si può vedere in particolare a Ravenna, dove tutti gli edifici pubblici e privati si reggono sulle palafitte…”) o su isole all’interno di una laguna e Spina, su un cordone litoraneo che fu sopravanzato e quindi sprofondò per costipamento. Anche se poco ne sappiamo sono tuttavia certi rapporti di scambio commerciale fra gli Etruschi di Spina e di Felsina ed i Veneti; un’antica via etrusca disegnava un percorso che da Pisa, attraverso l’Appennino, entrava in Romagna e risaliva fino a Comacchio.

Anche Polibio nelle sue Historiae ci parla dei Veneti e li definisce un popolo “molto antico, per costumi e abitudini poco differenti dai Celti, ma di lingua diversa” che quando i Galli nel 390 a.C. giunsero fino a Roma, invasero il loro territorio obbligandoli ad interrompere l’incursione per riappropriarsi delle loro terre. (Qui e oltre si fa riferimento all’enorme lavoro di Wladimiro Dorigo – Venezia Origini – Electa – 1983 – pag.18). Dei Veneti ne parla anche Strabone citandoli quali abili combattenti e allevatori di cavalli.

 

 

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